LINOSA LE ORIGINI
Di palese origine vulcanica, l'isola di Linosa , con una superficie di poco più di 5
kmq, lunga 3,4 km e larga 2,7 km, era già nota ai tempi di Plinio il Vecchio, grande
naturalista e appassionato di vulcanologia perito nell’eruzione del Vesuvio del 79
d.C. . Nei suoi scritti egli citava "Aethusa" per indicare la presenza di un’isola di
origine vulcanica nello stretto di Sicilia. Tuttavia anche se fino al 1839 si hanno
notizie frammentarie della storia di Linosa è certo che trovandosi al centro del
Mediterraneo era rifugio e punto di riferimento per le navi dei Fenici, dei Saraceni,
dei Romani e dei Greci che navigavano nel “Mare Nostrum” . Il ritrovamento di
numerose cisterne scavate nella superficie lavica di tipica derivazione romana, così
come numerose monete ritrovate durante recenti scavi, fanno ritenere che i Romani
avessero creato un insediamento stabile e che durante le guerre puniche l'isola
fosse punto di approdo e rifornimento per l’esercito di Roma. Ovviamente nei secoli
seguenti divenne punto di riferimento anche per le scorribande degli arabi e dei
feroci saraceni. Attorno a Linosa vi furono anche numerosi scontri navali e tanti sono i
relitti che giacciono sui fondali. Benché saccheggiati per anni da subacquei, capita
ancora oggi che nelle reti dei pescatori, vengano recuperate ancora intatte anfore,
scodelle, ancore, o quant’altro materiale fosse stivato a bordo delle navi.
Cronache più recenti risalenti al XVI sec. indicherebbero Linosa come punto di
riferimento per le scorribande di pirati provenienti oltre che dal Nordafrica, anche dalla
Turchia.
Benché nella metà del XIV sec. in tutta la costa della Sicilia per contrastare le continue
scorribande dei pirati vennero erette a difesa dell’isola numerose torri di
avvistamento, autorevoli fonti dell’epoca registrano continui saccheggi e razzie
avvenuti per mano barbaresche. La loro flotta composta dagli sciabecchi, navi di ottima
manovrabilità e particolarmente adatte al combattimento, consentiva di arrivare
velocemente nel luogo prescelto per l’assalto. Lo scopo era quello di raccogliere
quanto più oro possibile e deportare uomini, donne, bambini , da vendere come
schiavi nei mercati del Nordafrica. In quegli anni Linosa diventa un vero punto
strategico nelle rotte dei pirati in quanto diviene non solo deposito dei tesori e dei
bottini razziati, ma punto di smistamento dei prigionieri deportati. Successivamente
alla sconfitta dei turchi, l’isola rimase disabitata per quasi due secoli, anche se nel
1630 Giulio Tomasi avo di Giuseppe Tomasi autore del “Gattopardo”, venne insignito
da Carlo II di Spagna del titolo di principe di Lampedusa. Nel 1845 il governo
borbonico decise di colonizzare l'isola di Linosa divenuta ormai un bosco selvaggio e
disabitato. Fu emanato, così, un bando tra i sudditi del Regno delle due Sicilie col quale
si cercavano volontari disposti a trasferirsi nell'isola, promettendo loro l'utilizzo di
tutto il terreno coltivabile e una rendita per cinquant'anni di 3 tarì al giorno. Vi aderì un
primo nucleo composto da alcune famiglie di artigiani e operai provenienti da Ustica,
Agrigento e Pantelleria, che accompagnati dal capitano di fregata B. M. Sanvisente il 25
maggio 1845 sbarcarono sull’isola. L'ambiente che li circondava si rivelò più ostile del
previsto. Alla mancanza di abitazioni si supplì con dei ripari scavati nelle rocce in tufo,
pur essendo costantemente minacciati dalla presenza di innumerevoli topi. L’esistenza
delle antiche cisterne romane che vennero immediatamente ripristinate togliendo
tutta la terra accumulatasi, favorì la raccolta e la riserva di acqua piovana. Inoltre, le
forti e abbondanti piogge di quell’anno provocarono diversi smottamenti del terreno
che fortunatamente riuscirono a debellare anche l’infausta presenza dei tanti roditori
presenti nell’isola. I primi lavori effettuati dai nuovi coloni furono la costruzione di una
Chiesa, eretta subito dopo lo sbarco e l’inizio delle nuove abitazioni.
Con l'Unità d'Italia del 1861 anche i Savoia purtroppo non mantennero le promesse di
aiuti fatte dai Borbone. Ma i linosani lasciati ancora più soli a fronteggiare una
situazione prossima alla tragedia, reagirono con una forma di eroismo primitivo. Dal
primo nucleo di poche decine di persone, grazie ai matrimoni tra gli stessi membri e con individui provenienti dalla terraferma la popolazione pian piano si ingrandì, fino a
raggiungere l'attuale numero che si aggira intorno ai 500 abitanti. Nei primi del ‘900 i
Linosani vennero ricordati solo in occasione delle due grandi guerre con la chiamata
alle armi.