LAMPEDUSA LA STORIA
Che Romani e Arabi avessero creato un insediamento stabile nell’isola, è confermato
anche dal ritrovamento di monete dell'epoca e i molti reperti greci provenienti da relitti
affondati nel mare lampedusano, testimoniano anche un consistente traffico navale
intorno all'isola fin dal 700 a.C.
Anche qui gli Arabi approfittarono della sua estrema collocazione geografica e
utilizzarono Lampedusa allo stesso modo di Linosa come approdo per le loro
scorribande. Si narra, tra racconti fantastici e crude verità sulla ferocia dei pirati, che
nascosto in qualche grotta, o sepolto sotto terra, nelle Pelagie vi sia ancora il prezioso
tesoro del pirata Dragùt o del più temibile Kaireddin. Questo perché ritenevano le due
isole più sicure delle loro città e avrebbero preferito tenerlo nascosto piuttosto che
rischiare di essere uccisi dai nemici che volevano impadronirsi dell’immenso tesoro
accumulato in anni di razzie.
Il fatto che l’isola sia stata rifugio di cristiani, arabi, eremiti e personaggi singolari
diede lo spunto a Ludovico Ariosto per ambientarvi il cruento duello tra cristiani e
saraceni descritto nei canti 41° e 42° dell’Orlando Furioso.
Lo scontro dei tre contro tre a Lampedusa, fra i cristiani Orlando, Brandimarte e
Oliviero e i mori Agramente, Sobrino e Gradasso.
Tuttavia al di là di notizie provenienti da fonti archeologiche o romanzate dall’Ariosto,
informazioni più certe sulla storia di Lampedusa si hanno a partire dal 1430, quando
Alfonso V d’Aragona, Re di Napoli, soprannominato “ Il Magnanimo” concesse i diritti e
la potestà del mero e misto imperio sull’Isola al suo cameriere personale, Giovanni De
Caro dei Borboni di Montechiaro detto “Giovannello” . Nel 1551, una flotta ai comandi
dell’ammiraglio Andrea Doria, su ordine di Carlo V, distrusse la roccaforte di Mekdia,in
Tunisia, covo del pirata turco Dragut. Durante il viaggio di ritorno, sorpreso da una
forte tempesta e dopo avere perso buona parte del suo equipaggio, la flotta si riparò a
Lampedusa, probabilmente a Cala Pisana. Gli uomini dell’equipaggio, affascinati dalla
naturale bellezza dell’isola vi si stabilirono incrementando così il numero degli
abitanti. Ma la vendetta del turco Draget non si fece attendere e due anni dopo
durante una scorreria furono deportati dall’isola in schiavitù più di mille abitanti.
Tuttavia, il 7 ottobre del 1571 la flotta cristiana comandata da Don Giovanni d’Austria
riuscì a sconfiggere la flotta turca e a liberare complessivamente circa quindicimila
cristiani prigionieri, catturati dai musulmani durante gli anni delle loro scorribande nel
Mediterraneo .
Successivamente, per un lungo periodo, l'isola rimase disabitata.
Nel 1630 Giulio Tomasi, avo dell'autore del Gattopardo, fu insignito da Carlo II di
Spagna del titolo di principe di Lampedusa e Linosa.
Nel 1760 l’isola venne colonizzata da sei francesi, seguiti, dopo sedici anni, da un
nucleo familiare maltese. Successivamente, fu un susseguirsi di arrivi di piccoli gruppi
di agricoltori capeggiati ora da maltesi ora da inglesi. Anche i Russi, con il principe
Grigori Alexandrovich Potemkin tentarono l’acquisto dell’Isola per poter insediarvi una
colonia di sudditi della zarina.
Nel 1780 una terribile pestilenza colpì l’isola ed una lapide in marmo datata 1784
rinvenuta in una grotta, conferma appunto la sepoltura di un morto per peste.
Le notevoli risorse economiche necessarie al recupero delle due isole, costrinsero i
Tomasi a chiedere un congruo finanziamento ai Borbone minacciando in caso
contrario di vendere l’isola agli Inglesi interessati all’acquisto per ovvie ragioni
strategiche finalizzate a farne una base militare. La richiesta di vendita venne
ufficializzata a Ferdinando II - re delle due Sicilie, che negò fermamente l’autorizzazione,
ma anzi per un prezzo di 12.000 ducati, nel 1839 la riacquistò intenzionato a
trasformarla in colonia agricola.
Il sovrano inizialmente criticato da alcuni suoi consiglieri non fece un acquisto
avventato ma anzi riuscì a rendere attivo e produttivo il piccolo arcipelago agrigentino.
Nel 1843, il re inviò il capitano Bernardo Sanvisente alla guida di un gruppo di 120
coloni (novanta uomini e trenta donne) reclutati con editto reale, a prendere possesso
in suo nome delle Pelagie con il titolo di governatore, con l’incarico di stabilirvi una
colonia agricola e di bonificare tutto il terreno disponibile.
Nel rapporto inviato al re Sanvisente descrive il suo arrivo confermando di avere
trovato sull’isola pochi ruderi, alcune sepolture e un territorio rimasto dominio di una
natura totalmente incontaminata.
Vi si estendeva un folto manto vegetale costituito da una fitta macchia mediterranea
nella sua forma più evoluta e diversificata. Una vegetazione rigogliosa che
confermava la presenza di acqua dolce e che avrebbe facilitato l’opera di
colonizzazione. Un ambiente che ospitava una ricchissima fauna composta da conigli,
volpi, cinghiali, tartarughe, capre selvatiche e alcuni esemplari di cervi di piccole
dimensioni. L’impatto dell’arrivo di Sanvisente e dei suoi coloni fu disastroso. A cinque
anni dallo sbarco erano già diventati settecento e su questo paradiso terrestre si
generò un sistematico e inevitabile sconvolgimento del territorio. Vennero realizzate
le prime grandi opere di Lampedusa, alcune delle quali ancora esistenti. Furono
costruiti proprio di fronte al porto sette edifici dove furono alloggiati i nuovi abitanti:
“i setti palazzi” (tuttora esistenti).
In merito alla colonizzazione di Lampedusa, le cronache dell’epoca riportano due
versioni sul comportamento del Capitano Sanvisente. La prima narra che a seguito
delle crescente domanda di energia da destinare alla grande rivoluzione industriale in
corso in Europa nel corso del diciannovesimo secolo, arrivavano sempre più
numerose le richieste di carbone vegetale, ovvero di alberi da tagliare e bruciare.
Re Ferdinando, più interessato al denaro che alla salvaguardia dell'ambiente
dell'isola, concesse senza problemi le autorizzazioni per la produzione di carbone
vegetale acconsentendo, tra le forti proteste del governatore Sanvisente. Al
disboscamento indiscriminato di Lampedusa. In pochi anni, l’Isola perdette la propria
vegetazione, di conseguenza, le coltivazioni, sempre più esposte ai forti venti,
diventarono più difficili e meno redditizie. Il Governatore Sanvisente non approvando
tale decisione, si dimise dalla sua carica e lasciò l’isola. Con le foreste disboscate e il
terreno via via sempre più arido, l'economia di Lampedusa si spostò definitivamente
verso la pesca, e l'aspetto morfologico cominciò a diventare quello odierno: roccioso,
brullo e arido.
Un’altra tesi invece sosterrebbe che il Capitano Sanvisente per assegnare gli
appezzamenti di terreno ai coloni abbia estirpato la vegetazione naturale, abbia
disboscato indiscriminatamente il terreno per essere messo a coltura.
Le piante delle zone non coltivabili furono tagliate per ricavarne legna da ardere o per
altri scopi. Contro gli animali vi fu un accanimento senza eguali. Sanvisente concesse ai
coloni libera caccia e pesca e in pochi anni scomparvero cinghiali, cervi e foche
monache. Contro le capre selvatiche lo stesso Sanvisente ideò un radicale programma
di sterminio che faceva ricorso a tutti i metodi che gli fu possibile escogitare: armi da
fuoco, trappole, laccioli, distruzione di tane e dei piccoli nati. Il terreno privato della
naturale copertura vegetale cominciò a disseccarsi per gli effetti di un sole cocente
presente sull’isola per almeno sei mesi l’anno e ai fortissimi venti che spazzavano il
suolo senza più ostacoli ora che non c’erano più radici a trattenerlo e dilavato dai
violenti temporali autunnali. La ritenzione idrica dei terreni diminuì in modo
impressionante. L’humus scomparve completamente lasciando affiorare la nuda
roccia e in pochi decenni si compì in tutta l’isola quel processo di desertificazione che
oggi caratterizza Lampedusa. Il Capitano Sanvisente non rimase abbastanza a lungo
sull’isola da assistere al completo fallimento del suo progetto di colonizzazione
agricola e nella sua relazione finale al re conclude facendo intravedere l’alternativa di
fare dell’isola un luogo di detenzione. Con l’avvicendarsi degli eventi della storia di
Lampedusa, nel 1860 nasce il regno d'Italia e con la conseguente annessione del
Regno delle Due Sicilie, anche le Pelagie diventano italiane. Lampedusa è italiana e si
avvera quanto previsto anni addietro dal Capitano Sanvisente. Nel 1872 il governo
italiano interviene su Lampedusa, e decide di convertirla in colonia penale. Questa
notizia e la nomina di un Commissario Governativo che interviene sulla revoca di tutte
le concessioni di terre ai coloni, accresce ulteriormente il malcontento della
popolazione provocando la conseguente e ulteriore riduzione delle già scarse
coltivazioni presenti sull'isola. Tuttavia, il futuro di Lampedusa relegata l’agricoltura
ad un ruolo sempre più marginale e residuale, sarebbe venuto dalla scoperta e dallo
sfruttamento di ricchi banchi di spugne e dall’organizzazione dell’industria della
pesca. Il 2 giugno del 1878 Lampedusa diventa comune autonomo con la frazione di
Linosa e nel 1911 viene attivato il servizio telegrafico. Durante la prima guerra
mondiale le Pelagie non furono particolarmente coinvolte nell’evento bellico salvo che
per il richiamo alle armi degli isolani. Negli anni venti con l’avvento del fascismo,
Lampedusa torna ad essere punto di riferimento come luogo di confino e di
“villeggiatura” per gli antifascisti. Al contrario, nella seconda guerra mondiale,
proprio per lo sviluppo verso sud del conflitto, Lampedusa, collocata in mezzo al
Mediterraneo tra Sicilia, Malta, Libia e Tunisia, riveste un ruolo altamente strategico.
Sull'Isola, per la sua posizione geografica vengono di conseguenza erette
fortificazioni, scavati camminamenti, costruite caserme e un aeroporto,
trasformandola in una roccaforte avanzata. Questo purtroppo causerà notevoli e
pesanti bombardamenti specialmente poco prima dello sbarco e l’avanzata degli
alleati in Sicilia. Con la fine della guerra anche per Lampedusa comincia il periodo della
ricostruzione, resa però più difficoltosa dalla marginalità dell’isola. Nel 1951 viene
inaugurata la centrale elettrica. Nel 1953 viene realizzata una fabbrica di ghiaccio,
necessaria per la conservazione del pesce. Nel 1963 è attivato il servizio telefonico.
Nel 1967 arriva la televisione, il dissalatore e nel ’68 anche l’aeroporto. Dai primi anni
’70 in poi, per la naturale bellezza dei siti, per il mare cristallino e incontaminato le
Pelagie hanno avuto un costante aumento del flusso e delle presenze di turisti al punto
che oggi il turismo è considerato l’elemento trainante dell’economia locale. Tuttavia
da qualche anno Lampedusa è tornata all’attenzione delle cronache nazionali e
internazionali per essere diventata il punto di primo approdo per migliaia di migranti
clandestini in maggioranza nord-africani diretti verso l'Europa in cerca di una vita
migliore.